T.R.I.P.O.F.O.B.I.A.

Coreografia
Pablo Girolami

Danzatori
Lou Thabart, Guilherme Leal

Musica
Max Richter, Jacob Kirkegaard, Philip Jeck

Durata 
11, 23 minutes

Con il supporto di
KOMM TANZ Teatro Cartiera Progetto residenza Compagnia Abbondanza/Bertoni incollaboration with Comune di Rovereto; 


Festival Fuori programma & Romaeuropa Festival;


Il progetto è stato realizzato con il contributo di ResiDance XL – luoghi e progetti di resi- denza per creazioni coreografiche. Azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino;

Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt) 

TWAIN Centro di Produzione Danza e PERIFERIE ARTISTICHE – Centro di Residenza Multidisciplinare del Lazio”

Contesto
La paura dei buchi, o meglio, di tutte quelle piccole figure geometriche che vicine tra loro creano dei piccoli fori.

Un gioco di immagini basate su accostamenti che si ripetono tridimensionalmente e che provocano un senso di disgusto e repellenza;
l’allarme si scatena grazie a un codice intrinseco, elaborato nei secoli dai nostri antenati, che salvaguarda il fobico dal pericolo di essere contagiato da forme parassitarie o di es- sere ferito da animali velenosi come ad esempio i serpenti.

Ansia, angoscia, paura, mille nomi per un’unica dimensione esistenziale: quella di temere di perdere il controllo sul mondo, sul nostro corpo, sull’altro.
Il turbamento provocato da queste immagini e sensazioni può sembrare bizzarro per chi, come noi, trova affascinante un alveare strabordante di cunicoli, ma nel momento in cui ci si imbatte in determinate immagini esemplificative della tripofobia, è inevitabile non pro- vare un leggero disagio.

Concetto
Il mezzo tramite il quale si dà forma ad uno scheletro tripofobico è la geometria, che solo grazie al contributo immaginativo della mente umana diventa un varco attivo di paura e di angoscia, riflettendo le insicurezze e le paranoie dell’uomo, spazi senza fondo, dove ogni consapevolezza cade vertiginosamente.
Si perde la lucidità e gli occhi si chiudono.
Sfidare una paura non è un gioco facile. Anzi, sembra che stare a questo gioco implichi piuttosto l’accettare di non giocare affatto.


Con T.R.I.P.O.F.O.B.I.A noi scegliamo di accettare la sfida e di prenderci gioco di lei, tras- formandoci in veri e propri parassiti che si insinuano nelle sue gallerie.
Siamo due corpi che si incanalano negli schemi ai quali questa fobia fa riferimento. Muovendosi con forme geometriche alternate e precise, ci districhiamo tra i cunicoli bui e privi di aria, accompagnati da elementi “altri” da noi.
Investighiamo il dualismo tra equilibrio e disequilibrio, passivo e attivo, consapevole e in- consapevole. Ma sopratutto il paradosso dell’irrazionalità della paura umana.